Ogni volta che il tempo lo consente, quanto tengo un Photo workshop a Venezia, cerco sempre di raggiungere questo angolo affascinante e incontaminato.
Chiesa e casa del Patriarca di Venezia (fino al 1807) erano a San Pietro di Castello, sull’omonima isola che segna il confine verso il mare della città storica. Il campo sul quale guarda la vecchia cattedrale è uno dei più suggestivi dell’intera città, essendo privo di “masegni”, ovvero della copertura in trachite dei Colli Euganei che connota le pavimentazioni di quasi tutta Venezia. Erba e terra battuta – assieme ai numerosi alberi del campo – si alternano al vialone centrale che, dal lungo ponte in legno, conduce fino alla grande chiesa nella quale è conservata “la cattedra di San Pietro”, l’antico trono in pietra che la leggenda insegna essere proprio quello usato dall’apostolo durante la sua permanenza in Antiochia.
Al centro del viale, solitaria, spicca una pietra rettangolare. Tradizione vuole che su di essa avvenissero gli incontri fra il Doge e il Patriarca. Sarebbe infatti stato disdicevole per il Doge “abbassarsi” e raggiungere il vescovo fino alla porta della chiesa, come per questi andare fino a riva per aspettare il Principe di Venezia. La pietra toglieva l’imbarazzo: potere temporale e potere spirituale si trovavano a metà strada. Ed ancora qui è ambientata una delle leggende più classiche dell’amor contrastato. Se Dorsoduro può vantare di aver dato i natali allo Shakespeariano Otello, San Pietro di Castello offre una versione di Romeo e Giulietta. Solo che i protagonisti Veneziani si chiamavano Elena Candiano e Gerardo Guoro. La loro vicenda diede argomento anche al novellista cinquecentesco Matteo Maria Bandello.
Il potere dell’amore.
I due giovani innamorati, con l’aiuto della comune nutrice, si erano sposati segretamente all’insaputa delle rispettive famiglie. Erano praticamente cresciuti assieme, ed avevano maturato questo intento per paura che i loro genitori avessero mire differenti per il loro futuro. Per questo continuavano, pur essendo marito e moglie, a vivere ognuno con i propri parenti, ignari di tutto. Tra le famiglie peraltro, esistevano buoni rapporti da molti anni. Un giorno Gerardo è mandato in Oriente dal padre, per ragioni di traffici commerciali che i Guoro tenevano nel Levante. Ma durante la sua lontananza il Candiano impone alla figlia di accogliere la domanda di matrimonio del patrizio Vittore Belegno: Elena non sa cosa fare; il suo amore è lontano, non se la sente di rendere pubblica – in un frangente così delicato, una notizia che ridicolizzerebbe suo padre e tutta la famiglia. Per il timore e l’angoscia, la ragazza viene colta da una sincope improvvisa e, creduta morta, viene sepolta a San Pietro di Castello. Quello stesso giorno Gerardo rientra in patria e apprende la terribile notizia. Disperato, confessa il matrimonio segreto, quindi corre in chiesa, scoperchia la tomba – senza che nessuno riesca a farlo ragionare – e si abbandona ad un pianto di dolore sul corpo della moglie. Fra i baci e le lacrime del marito, Elena si risveglia e, a differenza degli amanti Veronesi, l’amore dei due Veneziani finisce lietamente, col perdono e la benedizione dei genitori.
Grazie ad Albero Toso Fei per questo racconto su San Pietro di Castello, che potete trovare sul suo libro “Venezia Enigma”, edito da Elzeviro, da pagina 83.