Tradizione vuole che sia di un artigiano del vetro Veneziano, fin dalla seconda metà del Duecento, a costruire i primi occhiali da vista.
In quella bellissima zona di Venezia che sono le callette in prossimità del mercato di Rialto, guardando verso Campo San Polo, vi sono due porte che vale veramente la pena di ammirare. La prima è in Calle della Donzella, al civico 936/A: difficilmente, nel resto della città, troverete una porta così storta.
Pochi passi in direzione della pescheria, al 456 di Calle dell’Arco, fa bella mostra di sé una porta con la “pancia”: il marmo alla base, infatti, è sagomato in maniera da far passare delle piccole botti. Un gioiello di inventiva Veneziana applicata al quotidiano. A pochi passi, si apre ramo dell’Ochialer. Tradizione vuole che sia di un artigiano del vetro Veneziano, fin dalla seconda metà del Duecento, a costruire i primi Riodi da Ogli, antenati dei moderni occhiali da vista, come attesta il “Capitolare dei Cristallieri”, emanato dalla Giustizia Vecchia nel novembre del 1284, che spiega come gli ogliarios debbano esser fatti di buon cristallo e non di vetro. Nel secolo successivo le lenti “da vista” vengono distinte da quelle da “ingrandimento” (Lapides ad Legendum), e un provvedimento autorizza gli appartenenti alla corporazione a produrre Vitreos ab Oculis ad Legendum, ma essi si devono impegnare, pena grandi sanzioni, a non rivelare i segreti dell’arte fuori dal territorio Veneziano. Lo sconosciuto inventore avrebbe fatto la sua scoperta casualmente, accorgendosi che nell’avvicinare un pezzetto di vetro agli occhi vedeva più nitidamente. Attraversata la Rughetta del Ravano troverete, un po’ sulla destra, calle de la Madona. Se la si percorre fino a quasi la riva del Canal Grande, sull’ultimo edificio a sinistra vi è il barbacane in pietra che determinava la misura di tutti i barbacani in legno della città. Un valido artifizio per guadagnare metri quadrati nelle abitazioni e lasciare più spazio alla viabilità. In pescheria a Rialto infine, tra i ferri del cancello entro l’arcata gotica del grande scalone (nei pressi del civico 341 A) si legge l’adagio: “Piscis primum a capite foetet” – il pesce comincia a puzzare dalla testa. In questo affascinante groviglio di calli è meraviglioso perdersi e condurre un Photo Tour dove ad ogni angolo c’è una scoperta!
Un grande grazie ad Albero Toso Fei, che nel suo libro “Venezia Enigma”, edito da Elzeviro, a pagina 314 ci delizia con questi racconti e aneddoti tutti da scoprire!